curiosità stroriche padovane  1°

EL BUTA’


Uno degli utilizzi più suggestivi e storicamente interessante delle acque del fiume Brenta è quello della navigazione delle zattere cariche di legname. Esse erano di forma e dimensioni diverse, larghe non più di 3 metri, lunghe da 4 a 30 metri, con 4-5 uomini di equipaggio. Giunte al porto padovano del Bassanello, se il legname era giunto a destinazione venivano sciolte, diversamente proseguivano verso valle (Monselice, Chioggia, Venezia). Al proposito, così si esprimeva nel 1623 il Portenari: “infinita è la quantità delle legne di faggio e di pezzo (abete) che ogni anno da’ paesi forestieri giù per la Brenta a Padova vengono…”.

Si ricorda che nel periodo di massimo splendore gli arsenali di Venezia producevano una galea al giorno! Strumento fondamentale per le conquiste commerciali e militari della Repubblica Marinara. La fluitazione delle zattere consentiva anche altri trasporti, tanto che molte mercanzie giungevano in tal modo sulla piazza di Bassano (che sviluppò, di conseguenza, il proprio porto fluviale, sulla sponda sinistra del Brenta, poco a valle del Ponte degli Alpini). Se sotto la Repubblica di Venezia la fluitazione del legname era libera e non comportava limitazioni dei prelievi da parte delle rogge, durante la prima dominazione austriaca (1797-1805) venne emanata una norma che prevedeva la chiusura delle rogge nei due giorni di mercoledì e sabato, per favorire i sudditi tirolesi nel commercio del legname e per la costruzione delle navi presso l’Arsenale di Venezia. La pratica venne definita “butà”, da “imbotare dell’acqua, o da “butare”, cioè lanciare il legname nel fiume.

La seconda dominazione austriaca (1815-1866) ribadì le disposizioni, che crearono varie dispute, specialmente nei momenti di scarsità idrica: si pensi infatti che nei giorni di chiusura delle rogge una popolazione di circa 150.000 abitanti si trovava priva d’acqua fluente! Anche l’esercizio dell’irrigazione era molto critico durante il butà, e lo stesso valeva per gli opifici che sfruttavano i salti d’acqua nei canali derivati dal Brenta (tanto che negli ultimi tempi il butà si praticava solo per poche ore dei due giorni stabiliti, anziché per 24 ore). La questione fu oggetto di lunghi e complessi dibattimenti e contenziosi anche nel successivo periodo del Regno d’Italia, essendosi anche giunti a veri e propri momenti caldi.

Al proposito ecco riportata una comunicazione del 2 luglio 1893: “Zattieri numerosi fermi Bassano protestano non partire senza garanzia conservazione butà sino tramonto sole. Zattere giorni scorsi ferme ghiaie inferiori. Contegno minaccioso. Telegrafano Padova Vicenza. Fino alle cinque Rosta asciutta” (telegramma del segretario Marangoni del Consorzio Rosta Rosà al suo Presidente, Riccardo Sebellin).

Con la prima guerra mondiale il butà venne sospeso e con l’avvento dei nuovi mezzi di trasporto, a partire dagli anni 1920, scomparve definitivamente. Ancora oggi sulla diga di derivazione del canale Medoaco a valle del Ponte degli Alpini è visibile l’antico “bocchiero”, cioè la bocca per il passaggio del legname.

 

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